Caccia e Covid-19

Alla c.a. del Presidente della Giunta Regionale
Alla c.a. del Presidente del Consiglio Regionale


Illustri Presidenti,
in questi giorni, sono stati emanati o sono in corso di emanazione provvedimenti, decreti e delibere relativi alla caccia e ai calendari venatori per il periodo 2020\2021. Inutile segnalare che la questione, se sottovalutata, può assumere notevole rilevanza ed impatto sulla nota vicenda della diffusione pandemica che l’Italia ed il mondo intero subisce da molti mesi. Che siamo in emergenza COVID-19 è un fatto tristemente noto a tutti, come è certo che con il SARS-CoV-2 e le sue mutazioni dovremo forzatamente continuare a convivere per parecchio tempo e che le misure di contenimento della diffusione del contagio che il Legislatore nazionale e il Legislatore regionale adotteranno saranno indispensabili e dirimenti al fine di evitare il riacuirsi della pandemia. In tutti campi l’opportuna sottolineatura delle istituzioni è “dobbiamo riprendere, ma attenzione, niente sarà più come prima”.
In questo gravissimo momento storico di pericolo di diffusione virale si ritiene quindi che vada posta la massima attenzione possibile a tutte le modalità di svolgimento di ciascuna attività autorizzanda in questa “nuova normalità”, ancor più se non tra quelle necessarie per la vita quotidiana, valutando e bilanciando con estrema attenzione il rilascio alle autorizzazioni per non mettere in pericolo il primario diritto previsto dall’art. 32 Cost..
In quest’ottica diventa rilevante segnalare che la conseguenza giuridica alla violazione della tutela suindicata conduce alla possibile configurazione di gravissimi reati previsti nel nostro codice penale a tutela della salute pubblica. Certamente il concetto giuridico di epidemia è più ristretto e circoscritto rispetto a quello fornito in ambito scientifico – al quale è inevitabilmente legato – in quanto il Legislatore nazionale, con la locuzione “mediante la diffusione di germi patogeni” prevista nell’art. 438 c.p. (e 452 c.p. per la forma colposa), ha inteso certamente circoscrivere la punibilità a quelle condotte caratterizzate da determinati percorsi causali. Non ci si vuole ora addentrare nella valutazione se questo reato abbia natura di delitto di danno ovvero di pericolo, con le ovvie conseguenze in tema di realizzazione della fattispecie; rimane indiscutibilmente rilevante il fatto che agevolare in questo momento storico contatti sociali astrattamente mette a rischio la salute collettiva. Infatti l’”epidemia”, comunque, costituisce l’evento cagionato dall’azione incriminata la quale deve estrinsecarsi secondo una precisa modalità di realizzazione, ossia mediante la propagazione volontaria o colpevole, di germi patogeni di cui il portatore diventa il veicolo pandemico.
Non solo, ma non è normativamente individuato in che modo debba avvenire la diffusione del virus: la norma incriminatrice non seleziona le condotte diffusive rilevanti e richiede, con espressione quanto mai ampia, che il soggetto agente procuri un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni, senza individuare in che modo si realizzi questa diffusione.
A questo punto la conclusione di questa breve premessa è che il Legislatore regionale è ovviamente cosciente del pericolo che una qualunque modalità di svolgimento di un’attività che conduca ad uno spostamento dei cittadini e consenta una loro aggregazione possa di per sé provocare il diffondersi del SARS-CoV-2 e sue mutazioni, e che il discrimine che eviti una punibilità ex art. 452 c.p., piuttosto che ex art. 438 c.p., sia unicamente data dalla necessità e indifferibilità dell’attività concessionata.
Nulla o poco può rivestire questa qualità di necessità ed indifferibilità l’attività venatoria svolta in forma collettiva, una delle modalità di svolgimento di un’attività ludica autorizzata dallo Stato in concessione, che non può né deve essere confusa con la gestione del patrimonio faunistico, o dei danni alle attività antropiche ad esso correlati, che il Legislatore nazionale ha assegnato, con l’articolo 19 della L. 157/92, alla diretta responsabilità delle Regioni tramite la realizzazione di appositi piani di controllo faunistico.
Inoltre l’esercizio venatorio benché sia oggi praticato da una popolazione ristretta (negli ultimi 20 anni il numero di licenze di caccia è più che dimezzato) vede coinvolta una popolazione cd. anziana, con ampia percentuale di ultrasettantenni, la più suscettibile ad essere vittima del virus o comunque a subirne gravi conseguenze e maggiori rischi di ospedalizzazione. Il numero dei titolari di licenza di caccia, nell’ordine di decine di migliaia di persone in ciascuna regione, non è però tanto ristretto da non poter essere ritenuto come estremamente pericoloso e potenziale portatore di una diffusa recrudescenza pandemica se le autorizzazioni regionali in fieri non intervenissero significativamente su abitudini e modalità con cui l’esercizio venatorio veniva autorizzato e praticato in periodo pre-pandemia.
Ciò premesso, nell’interesse della Collettività e della primaria tutela del diritto ex art. 32 Cost. e nel rispetto dell’art. 191 TFUE, si segnala all’Ente in indirizzo il fatto che l’emanazione di atti ed autorizzazioni allo svolgimento dell’esercizio venatorio in forma collettiva per la stagione venatoria 2020\2021, favoriscano condotte idonee alla diffusione del SARS-CoV-2, ed ogni sua forma mutata, con potenziali conseguenze gravi per la Collettività che è stata, è e sarà per anni pesantemente segnata dal Covid-19 avendo dovuto correttamente comprimere molte legittime libertà dei cittadini, anche lavorative.
Si chiede, pertanto, la revoca delle autorizzazioni all’esercizio venatorio in forma collettiva già rilasciate, ovvero la sospensione di quelle in corso di emanazione.
Con l’occasione rivolgiamo i nostri più distinti saluti.

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